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mi chiamo profugo

Mi chiamo… non importa come mi chiamo.

Sono un uomo e fuggo. Scappo dal mio paese. Sono venuto via da lì, un giorno qualunque, sperando di trovare aiuto. Altrove. Non ho fatto nulla di male! Non sono cattivo, io non lo sono mai stato. Sono quella che si dice una brava persona. Ero un insegnante di inglese, ricordo che avevo una scuola, una vita, una casa e poi che avevo una famiglia. Si avevo una famiglia e avevo amici! Cercavo, aiuto! Ma cosa vuol dire aiuto? Cosa significa essere aiutato? Non lo so. Significa troppe cose tutte insieme ed oggi a me sembrano tutte impossibili…

Pensavo di andare via da dove sono partito per trovare una sistemazione, per salvare la mia famiglia: parto io e poi porto tutti fuori in salvo! Li porto qui con me. Li porto dove? E poi mi chiedo come posso salvarli se non riesco a salvare ancora me stesso! Sono mesi che giro e rigiro e mi accorgo che sto perdendo semplicemente il mio tempo! I waste my time. Ed ora sono stanco… stanco di aspettare che arrivi una soluzione, che finisca la guerra, che arrivi una bomba che uccida tutti quelli che amo.

Vorrei tornare in Syria dalla mia famiglia. Per morire insieme a loro. E’ da un po’ che ci penso a quello che devo fare. Non posso più chiedere permessi per respirare, permessi per vivere.

Forse è giunta l’ora per me di morire! It s time for me to die….
GRAVELAND la terra delle tombe… io lì finalmente sarò libero… nella terra delle tombe troverò la pace che qui non c’è da nessuna parte. Non Olanda, non Italia e non Europa: basta chiedere permessi e poi le impronte digitali e poi i documenti. Sono stanco di vivere in un campo, in un CARA dove mangio dormo e dormo e mangio.

Non ho relazioni umane e vivo tutti i giorni aspettando di parlare con casa dove mi parlano di morte e di bombe e dove ci sono i miei figli. Cosa significa essere rifugiato? avere un rifugio cosa significa? sono stanco e faccio fatica a pensare al domani. Io qui non vivo, sembro un condannato a morte attaccato ad un tubo ad una macchina ad un respiratore artificiale… non è vita qui. Se vivessi anche 100 anni per me qui non sarebbe vita.

Non solo un tetto, non solo pane ed acqua, non solo vestiti. Ma quante cose chiedo? Ma cosa pretendo in fondo? Io volevo solo essere ascoltato! Qualcuno che provasse ad ascoltarmi e che riconoscesse che ero una persona, e così anche io, forse, me lo sarei potuto ricordare!

Dublino, SPRAR (sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), CARA (centro di accoglienza per i richiedenti asilo) e poi che altro? Ma qualcuno ha capito che in Syria si muore di fame e di bombe e di malattie curabili? Che c’è una guerra? Che chi sfugge alla morte non è altro che un sopravvissuto?

Poi trovo comunque la voglia di amare, di cercare amore, di ascoltare, di guardarmi intorno e di capire questo mondo pieno di folli e di persone normali come me, dove non possiamo dimenticarci di vivere di dance, celebrate, smile …perché dobbiamo ricordarci davvero e nonostante tutto di sorridere sempre!

RAFFAELLA PIAZZI

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